Pretas, pietre, alla ricerca del dolmen di Sa Coveccada, tra Mores e Ittireddu, tra il Goceano e il Meilogu, dove si attesta probabilmente la più alta concentrazione di reperti del periodo nuragico. Ma un dolmen? Era da un pò di tempo che desideravo vederlo, e pure se in restauro, osservarlo è uno spettacolo che lascia in silenzio. Il dolmen “Sa Coveccada” è il più grande ritrovato nell’area mediterranea, ed è purtroppo mancante della parete posteriore e di alcune parti della copertura, che in origine pesava 27 tonnellate. Non è possibile datarlo con precisione perché è stato sempre esposto, quindi non si è formato il deposito stratigrafico che solitamente permette, grazie agli scavi, di recuperare il contesto di un monumento e i reperti ad esso associati, che permettono la datazione. In ogni caso la datazione minima proposta lo situa almeno al 2000 a.C. E’ alto 2,70 m. ed ha una lunghezza di 5 metri. Da Sa Coveccada raggiungiamo Tamuli, in territorio di Macomer, un altro sito che desideravo vedere da tempo e che rappresenta uno dei ritrovamenti meglio conservati dell’isola, con i suoi betili antropomorfi infissi nel terreno a guardia delle tombe dei giganti poco distanti. I betili sono sei, posizionati lungo il fianco sinistro della tomba A. Tre sono maschili, lisci e di dimensioni leggermente più piccole rispetto agli altri; tre sono femminili, facilmente riconoscibili perché sulla fronte presentano in rilievo i seni, simbolo della maternità e fecondità. I betili dunque sono la rappresentazione della divinità maschile e femminile, la cui unione garantiva la prosecuzione della specie e custodiva il sonno eterno dei defunti. La datazione è relativa al bronzo medio (1800-900 a.c.). A breve distanza dalle tombe dei giganti, il villaggio nuragico sormontato da un nuraghe a corridoio di tipo complesso costruito sfruttando un affioramento roccioso naturale, da cui si domina la vallata sottostante.